mercoledì 29 agosto 2007
Tassa di Esistenza
L'UE storge già il naso, in quanto potrebbe essere una norma poco equa, vestita da "regalo" per gli Italiani, ottenendo invece solo benefici per l'Amministrazione pubblica, evitando lunghi controlli su importi piccoli e guadagnando all'anno cifre attorno ai 2 miliardi di euro.
A noi onestamente puzza di "minimum tax".
Provate a pensare se per problemi la società ha guadagnato pochissimo ...
Cornuti e mazziati e... non scaricherete neanche l'Iva.
Speriamo ....
Blocco Attività per le Aziende
Il provvedimento, applicabile direttamente da chi effettuerà il controllo, potrà essere basato sul semplice sospetto ed annullabile esclusivamente da chi l'ha emessa.
Altra informazione importante da conoscere è che, l'agente non ha un limite temporale nel tenere bloccata l'attività. Potrebbe durare, a suo insindacabile giudizio anche anni.
La nostra domanda è:
Se neanche gerarchie superiori possono annullare il provvedimento, chi controlla il controllore ?
E se ci fosse il controllore, sarebbe corruttibile ?
Una direzione molto pericolosa, questa, per le Aziende Italiane. Se solo sospetto che ....
martedì 28 agosto 2007
Prodi arruola la Chiesa come nuovi Esattori
Sembrerebbe, da come afferma Panorama, che il buon Prodi veli minacce sull'annullare l'accordo stipulato con la Chiesa per l'esenzione del pagamento dell'ICI (400 milioni di euro annui).
L'odierno Papa, uomo più di chiesa che di finanza si spaventa e promette un enciclica contro chi non paga le tasse, chi sfrutta i paradisi fiscali, le società estere e le banche off-shore.
Per fortuna, all'interno della Chiesa qualche Cardinale davvero competente che non teme minacce locali ad un ente universale esiste e, dopo aver ricordato al Papa che loro stessi sono proprietari di una Banca Off-Shore (lo I.O.R.) decide di esentare il Pontefice da queste piccole scaramucce e prende le redini per comunicare che benchè sia importante pagare le Tasse, queste devono essere "inique" e non "sproporzionate".
In ultimo il buon Andreotti stesso bacchetta il governo, facendo presente che la Chiesa non teme nessuna pressione politica.
La nostra considerazione rimane sempre la stessa.
Lo Stato deve essere governato da veri amministratori, da chi il pane sa sudarselo tutti i giorni con le proprie risorse.
Peccato per Prodi, sognava l'Arcangelo Gabriele che con la sua spada infuocata imponeva la coda all'ufficio riscossioni ....
lunedì 27 agosto 2007
Produttività Paese. Che fare..
Questa è la necessaria operosità richiesta per vivere e sopravvivere nel mercato globale del 2007.
La Francia, dopo aver valutato il continuo andirivieni, nella zona di Cape d'Agde, di coppie e single dediti al nudismo e alla trasgressione e analizzato l'enorme introito turistico, ha deciso con comuni e popolazione residente, di adibire apposite spiagge alla pratica nudista-tresgressiva.
Il Regno Unito, visto l'intensificarsi del gioco d'azzardo on-line, ha deciso di sgravare con tasse minime i Casinò on-Line per averli residenti sul territorio di sua maestà.
Numeri ? Una sola società di Gaming, tipo 888, porterà al governo britannico tasse per 3.000.000 di sterline all'anno.
Naturalmente questi discorsi non si possono applicare nel nostro Bel Paese, dove dopo la cacciata e le minacce al popolo dei naturisti di Varigotti, i vari comuni hanno già fatto sapere che con l'autunno vi saranno nuove tasse. Un Esempio ?
Torino aumenterà l'IRPEF, altrimenti sarà costretta a chiudere Asili.
Palermo aumenterà del 75% la Tassa Rifiuti.
Che fare...
Forse Francia e Regno Unito non sono da imitare, noi italiani con la nostra pressione fiscale del 58% possiamo permettercelo e preferiamo pagare più tasse che crescere imprenditorialmente.
Prodi:"Nessun Rischio.." Ma siamo Sicuri ?
Le banche Italiane sono OK, e la nostra posizione in Europa è perfetta.
Ma..
Dalla UE arriva il monito: "Siete troppo esposti ai movimenti sui tassi".
Questo lascia disorientato il cittadino. Chi ha ragione ?
Afferma successivamente che il risanamento italiano è finalmente avviato, ma sempre la UE allarma l'Italia, affermando che se non interveniamo prontamente sui ns tassi, saremmo penalizzati a favore di Francia e Germania.
Ancora dopo il Ministro Padoa-Schioppa lancia l'allarme che bisogna trovare, e anche presto, 25 Miliardi di Euro altrimenti rischiamo di uscire dai parametri UE del PIL, superando il 4%.
Forse i rischi ci sono, e anche tanti.
La domanda che ci poniamo è: "Perchè nasconderlo ai cittadini ?"
Se Prodi e compagni dovessero affossare l'Italia, in che termini sarebbero responsabili ?
Ogni Dirigente d'Azienda corre grandi rischi se non raggiunge i target richiesti, ancora di più se fa perdere denaro all'azienda.
Perchè non prendere esempio dal privato allora. Chi sbaglia paghi...
domenica 19 agosto 2007
In UK si gioca al Casinò sicuro
Da settembre ogni ditta con sede nei centri del gioco d'azzardo come il Costa Rica, le Antille e il Belize non potrà pubblicizzarsi nel Regno Unito, e questo preverrà siti famosi come il casinò Betfred e il Littlewoodscasino dal farsi pubblicità online, in televisione, su giornali e riviste.
"Non mi pento affatto di avere proibito le ditte con base in paesi che non raggiungono i nostri standard di far pubblicità," ha detto il ministro del Media culturale e dello Sport James Purnell. Le ditte con sede in paesi a tasse basse come l’Isola di Man e Aderney, potranno continuare a farsi pubblicità , mentre anche paesi della Zona Economica Europea come la Gibilterra, da dove la 888.com e la PartyGaming operano, non saranno toccati dalle nuove leggi.
Il governo ha detto che stava ancora considerando di dare la licenza a ditte in stati come Antigua e alla riserva in Canada appartenente agl’Indiani d’America Kahnawake, e questo sta lasciando i giganti del gambling online come la Bodog sull’attenti. Lo scorso anno l’Inghilterra è stata gentile verso l’Antigua e la sua battaglia legale con gli Stati Uniti, dopo che gli Stati Uniti avevano ufficialmente proibito il gioco d'azzardo online ad ottobre.
sabato 18 agosto 2007
L'Inghilterra si avvicina al Gambling
Il programma potrebbe diventare operativo già dal prossimo settembre.
Ovviamente si punta alle entrate fiscali che compagnie come PartyPoker, 888, e Ladbrokes (che al momento hanno sede legale a Gibilterra) potrebbero generare.
Le compagnie offshore tuttavia hanno già fatto sapere che non si stabiliranno mai in Inghilterra se il regime fiscale loro applicato sarà lo stesso dei casinò "fisici" (questi sono tenuti a versare fino al 40% del totale delle vincite).
Ma il progetto di Brown è quello di far pagare alle compagnie che chiederanno la licenza inglese un'aliquota tra il 2 e il 3%, inoltre la licenza permetterà loro di avare una riduzione dell'IVA. Notizia questa che è stata accolta con un pacato entusiasmo da John O'Reilly, managing director di Ladbrokes, "Se il tasso sarà quello" ha detto, "Ladbrokes non esiterà a chiedere la licenza in Inghilterra".
Solo questa compagnia porterebbe nelle casse del Regno Unito 2-3 milioni di sterline all'anno. Un commento simile l'ha rilasciato anche Andrew McIver, amministratore delegato di Sportingbet (compagnia con sede legale ad Antigua): la società si potrebbe stabilire in Inghilterra solo se beneficiasse di imposte con "tassi nominali".
Ma la buona intenzione delle istituzioni britanniche è testimoniata anche da quanto ha detto Clive Hawkswood, presidente della Remote-Gambling Authority: "Sono compagnie cresciute in paesi dove l'imposizione fiscale è nulla e che lavorano con margini di profitto veramente esigui. Caricarle di un'aliquota del 15% vorrebbe dire distruggerne la metà nell'arco di una notte".
Intervistato l'Avv.Massimo Giuliano sul caso "Valentino Rossi"
Il 3 agosto scorso l’agenzia delle Entrate di Pesaro ha notificato al sette volte campione del mondo di motociclismo, Valentino Rossi, un avviso di accertamento per richiedere tra imposte, interessi e sanzioni 112 milioni di euro, non avendo dichiarato al fisco italiano 60 milioni di compensi percepiti fra il 2000 e il 2004, in quanto resident but not domiciled (residente ma non domiciliato) a Londra. Stessa sorte è toccata ad un altro campione del motociclismo, Loris Capirossi, che avrebbe omesso di dichiarare 1,3 milioni di euro di compensi percepiti nel 2002, in quanto residente a Montecarlo ma domiciliato di fatto in Italia.
E il caso del solito “furbetto del quartierino” o il tentativo del Fisco italiano di accaparrarsi, sempre e comunque, ottimi “clienti”?
Lo chiediamo all’avvocato Massimo Giuliano, giornalista ed esperto di diritto societario e tributario, ischitano di nascita e attualmente in vacanza nella sua terra nativa, da anni trasferito nella capitale, o meglio, domiciliato fiscalmente per scelta, come lo stesso ci suggerisce.
Premetto che, non conoscendo le prove raccolte dagli accertatori in base alle quali hanno affermato l’imponibilità in Italia dei proventi realizzati da Valentino Rossi, non posso evidentemente prendere una precisa posizione sulla vicenda, ma posso fare, invece, qualche considerazione di carattere generale.
Nell’ambito del diritto societario comunitario la Corte di Giustizia ha elaborato dei principi che hanno integrato il diritto nazionale dei Paesi membri, contribuendo ad accelerare il processo di armonizzazione dei diritti societari europei. La Corte ha infatti riconosciuto il diritto delle società e delle persone fisiche a sfruttare la legislazione commerciale ritenuta più favorevole, senza che ciò possa essere considerato una frode o un abuso del diritto.
Avvocato dunque il campione di motociclismo, così come altri suoi “colleghi”, ha agito nel pieno rispetto della legge? Come dire “furbastro o tartassato”?
Concordo con il prof. Oscar Giannino che, proprio in merito a questa vicenda, ha elogiato la concorrenza fiscale tra gli ordinamenti, legittimando il sacrosanto diritto di ciascun cittadino di eleggere il domicilio fiscale nei Paesi che hanno basse aliquote fiscali e risultano essere meno burocratizzate.
C’è da dire che l’evasione e l’elusione sono vietate. È invece legale e ragionevole cercare di ridurre l’obbligazione tributario, attraverso una corretta pianificazione fiscale, così come è consentito esercitare attività d’impresa con società costituite all’estero, anziché in Italia.
Il fatto che il Fisco abbia ritenuto Valentino Rossi ivi domicilio fiscalmente pur avendo trasferito la residenza nella città londinese, al fine di rendere imponibili i redditi da lui ovunque prodotti, non consente per ciò solo al bel Paese di disconoscere la scelta di aver preferito un diverso Stato nel quale localizzare i redditi da tassare, perché semplicemente più conveniente.
Ma come ci possiamo meravigliare che un imprenditore italiano preferisca, ad esempio, l’Inghilterra, o qualche paese esotico, per costituire e localizzare la sua impresa quando in due giorni e con poche centinaia di euro, a fronte delle settimane di adempimenti e dei circa 5 mila euro necessari in Italia, può costituire un società a responsabilità limitata (LTD in Inghilterra, SRL in Italia - ndr)?
La Comunità Europea, fin dalla sua nascita, si è prefissata l’obiettivo di creare un mercato comune, preoccupandosi di garantire a tal fine cinque libertà: di movimento, di circolazione di merci, di servizi, di capitali e di stabilimento. Principi questi ripetutamente affermati e ribaditi dalla Corte di Giustizia, ma che invece gli Stati membri stentano ad adeguarsi.
A parte ciò mi meraviglia lo stupore degli italiani. Non sarà forse la reazione alla nostra attitudine, pur essendo capaci, di non guardare al di là del nostro giardino? Orticello che qualche tempo fa poteva considerarsi l’Italia, ma ora deve necessariamente ritenersi l’Europa.
Riferendoci alla vicenda di Valentino Rossi, il Regno Unito, per combattere i comportamenti di evasione e/o elusione, nella Finanziaria 2007 ha abbassato la corporate tax, l’imposta sulle società, al 22% per profitti fino a circa € 200.000 e al 28 % per profitti superiori. Al contrario in nostro legislatore ha alzato le aliquote, aumentato i controlli e inasprito gli accertamenti.
Ma esiste sempre una riserva di sovranità dello Stato in materia tributaria…
La Corte di Giustizia ha più volte bacchettato gli Stati membri, imponendo ai giudici nazionali di disapplicare quelle norme tributarie che in qualche modo limitino o discriminino i soggetti appartenenti ad altri Stati europei.
È stato infatti affermato che una riduzione delle entrate fiscali non giustifichi affatto restrizioni alle libertà fondamentali, ma suole essere il prezzo che gli Stati devono scontare a favore della creazione di un Mercato unico europeo.
In ambito Comunitario la Corte di Giustizia con le proprie decisioni sta spronando gli Stati a raggiungere la tanto agognata armonizzazione fiscale. La Corte ha infatti recentemente ribadito che il criterio del credito di imposta ordinario applicato per le imposte pagate all’estero viola la libera circolazione dei capitali, dal momento che lo stato di residenza del contribuente dovrebbe concedere la detrazione totale delle imposte assolte all’estero, cosa che invece non accade.
Per rispettare i principi di libertà stabiliti dal Trattato della CE il sistema da preferire dovrebbe essere quello dell’esenzione, dove lo Stato della residenza dell’investitore si “disinteressa” del prelievo nello Stato in cui si produce il reddito e il contribuente riceve nello Stato della fonte lo stesso trattamento di un soggetto ivi residente.
E chiaro però che con tale sistema i contribuenti saranno indotti a collocare gli investimenti nelle giurisdizioni che concedono il trattamento fiscale più favorevole.
Ritengo che lo Stato italiano dopo aver incentivato il rimpatrio dei capitali avrebbe dovuto provvedere a trattenerli riducendo le aliquote pur combattendo l’evasione.
Avvocato Giuliano cosa consiglia a chi vuole avviare un’ attività economica?
Di guardare all’Europa valutando i costi e i benefici di una delocalizzazione delle attività.
Proprio per rendere un servizio globale e rispondere alle numerose richieste dei clienti ho stabilito una sede nella City di Londra siglando una partnership con una primaria società di diritto inglese, la New Italian Services. In questo modo siamo in grado di fornire una consulenza fiscale, societarie e aziendale integrata consentendoci di costituire società di diritto britannico o localizzate in paesi off shore, curandone tutti gli aspetti gestionali, e di gestire attività di esportazione e importazione di prodotti e servizi tra l’Italia e i Paesi comunitari.
Quindi tutti via dall’Italia?
Purtroppo la miopia del nostro legislatore è tanto più acuta quanto sciocca. Basti guardare al recente sorgere e altrettanto immediato tramontare del trust, uno strumento di importazione anglossassone, solo da qualche anno riconosciuto ad ogni effetto dai nostri giudici, che permette di vincolare, proteggere il patrimonio del disponente per soddisfare determinati interessi e scopi, sottraendolo agli attacchi dei propri creditori. Ebbene con l’introduzione della imposta sulle successioni e donazioni e con l’inasprimento fiscale sancito dalla finanziaria 2007 e dalla recente interpretazione fornita dall’agenzia delle Entrate comporterà un abbandono dell’istituto, con l’ovvia conseguenza di dirottare altrove i capitali anziché localizzarli in Italia.
Non essendo uno strumento elusivo dell’imposta ma solo di protezione del patrimonio che bisogno c’era di inasprire il regime fiscale?
Parlando del trust che applicazioni pratiche può avere ?
Spesso può essere conveniente, anziché costituire società commerciali di diritto estero o trasferire a fiduciari i propri beni, creare un trust al fine di tutelare l’integrità del patrimonio familiare, in modo che possa non essere coinvolto dalle vicende imprenditoriali o familiari, anche al fine di tutelare minori ed incapaci; altre volte può servire per garantire il passaggio generazionale dell’azienda e riservarla all’erede più capace; in altri casi si vuole, semplicemente, garantire una certa riservatezza sul proprio patrimonio.
Scopo quest’ultimo che in verità vuole nascondere, spesso, i beni agli occhi del redditometro fiscale, che, tra l’altro, sono stati resi più attenti e invasivi nell’ultima circolare dell’agenzia delle Entrate.
Ritornando al tema della fiscalità internazionale ci potrebbe indicare un esempio di lecito risparmio d’imposta?
Spostandoci nel campo immobiliare, settore di traino dell’intera economia nazionale, l’inasprimento della fiscalità immobiliare e, dunque, l’elevato costo fiscale gravante sulle compravendite immobiliari, sta comportando l’ideazione di pratiche alternative all’acquisto diretto dell’immobile da parte di persone fisiche o società, che di fatto eludono l’imposta sui trasferimenti.
Ad esempio acquistare la seconda casa intestandola ad una società di diritto straniero nel quale vige l’esenzione sulle cessione delle partecipazioni, consente di ritrasferirla cedendo le azioni senza versare alcuna imposta sul trasferimento, in quanto, almeno sulla carta, l‘immobile non cambia proprietario.
Concludo, però, con una raccomandazione, che è quella di affidarsi sempre ad esperti della materia che siano in grado di valutare caso per caso le opportunità offerte dalle legislazioni dei diversi Stati e che siano disponibili ad assistere i clienti in tutte le fasi di sviluppo del business.
L'Avvocato Massimo Giuliano è reperibile all'indirizzo internet: http://www.giulianoedigravio.it/
venerdì 17 agosto 2007
Avete un Libretto di Risparmi ?
Chi sospetta di aver "dimenticato", senza movimentarle per almeno dieci anni, somme depositate in banca o presso un altro intermediario stia allerta.
Nei prossimi sei mesi (vale a dire entro il 17 febbraio) banche e intermediari tenteranno di mettersi in contatto con i titolari di questi conti ( i cosiddetti conti " dormienti")per invitarli a effettuare un'operazione ed evitare così che il denaro vada ad alimentare il fondo destinatoa risarcire le vittime dei crack finanziari e a pagare la stabilizzazione dei precari della Pa.
Insomma, lo Stato Prende...
Cosa Scrivono i Lettori del Sole 24 Ore
Tariffe basse: lo Stato vuole di più
Leggendo la lettera del «professionista deluso» mi sono identificato quasi del tutto. Io però da anni, pensando che le tasse pagate sono buttate, ho cercato un'alternativa per ridistribuire il mio reddito sui miei clienti. Come?
Applicando tariffe eque, spesso al di sotto dei minimi.
E, in oltre 30 anni di esercizio della professione, nessun cliente ha pagato un qualsiasi importo non accompagnato da una regolare fattura. Mi sento a posto, anche se mi rendo conto di essermi arrogato il diritto di ridistribuire il mio reddito a modo mio.
Ieri però mio figlio mi ha raccontato che, a causa delle nostre tariffe morigerate, non siamo più congrui, non siamo più coerenti e da quest'anno non siamo più nemmeno normali.
E quindi occorre integrare, cioè pagare più tasse, che nel nostro caso vuol dire pagare tasse su un reddito inesistente; non solo, ma mi ha pure spiegato che non possiamo più dedurre le spese pagate per le due auto che usiamo per lavoro.
Il risultato? Per 1.000 di reddito, paghiamo le tasse su 2.800: le imposte versate superano l'importo lordo degli emolumenti percepiti.
Aumenteremo le tariffe, i nostri clienti pagheranno di più e, avendo maggiori costi, pagheranno minori tasse che pareggeranno le nostre maggiori tasse: nulla cambierà
E-mail firmata
I politici diano il buon esempio
Ho letto con interesse sia la lettera del «professionista deluso» sia la replica del ministro Padoa-Schioppa e penso che entrambi affermino delle verità. Al dipinto disilluso della nostra società del professionista fa seguito una lucida spiegazione del ministro sulla possibile causa del malfunzionamento della politica. La politica sarebbe espressione della nostra società: se la politica non "funziona" è perché non "funziona" la società.
È evidente che quei cittadini (nel settore privato e in quello pubblico) che continuano, nonostante tutto, a fare il loro dovere sono troppo pochi e non riescono, da soli, a far "funzionare" la società.
Allora, è importante che questo numero di cittadini cresca: cosa c'è di meglio, più di tante leggi e decreti, del buon esempio?
Ecco cosa si chiede alla politica o, meglio, ai politici: date il buon esempio.
Elvio Meinero
Doppia Imposizione Italia-UK
Nella sua personale autodifesa Valentino Rossi ha spiegato che «probabilmente il fisco italiano non è d'accordo con quello di altri Paesi, come l'Inghilterra. Però la soluzione devono trovarla fra loro, senza prendersela con me».
Il tema delle doppie imposizioni è un tema fin troppo spinoso nei rapporti tra gli Stati che di regola "inseguono" fiscalmente i propri cittadini all'estero.
Il caso Valentino ruota interamente intorno alla questione residenza. Per quanto riguarda l'ordinamento italiano, la norma di riferimento è l'articolo 2, comma 2 del Tuir, per il quale la residenza fiscale è legata a tre criteri di collegamento, che sono fra loro alternativi, ovvero basta uno solo di essi per determinare l'attrazione a tassazione in Italia del reddito “mondiale” di una persona fisica. Se si tralascia il criterio formale dell'iscrizione anagrafica, emerge la centralità delle nozioni di domicilio e di residenza fornite dall'articolo 43 del Codice civile e cioè, rispettivamente, delle nozioni di «sede dei propri affari e interessi» e di «dimora abituale».
La disciplina è completata – nel caso Rossi – dalle previsioni della convenzione bilaterale Italia-Regno Unito ( legge 329/1990).L'articolo 4 detta le regole sul punto. E in esso sono previsti i criteri ( tiebreaker rules) ad applicazione successiva che sono utilizzabili se una persona fisica sia considerata residente in entrambi gli Stati contraenti. Conformemente al Modello Ocse, la verifica è incentrata prima sulla presenza di un'abitazione permanente in uno (solo) dei due Stati e, in subordine, sulla localizzazione delle «relazioni personali ed economiche» (il “centro degli interessi vitali”).Un ruolo ulteriormente subordinato è affidato al criterio del soggiorno abituale e della nazionalità.
Nell'ipotesi, marginale, in cui l'applicazione dei criteri dell'articolo 4 non conduca alla soluzione del caso di doppia residenza, è previsto che le autorità competenti degli Stati contraenti risolvano la questione di comune accordo. In realtà, l'articolo 26 della Convenzione fra Italia e Regno Unito sembra consentire una più ampia possibilità di ricorso alla cosiddetta “ procedura amichevole”,applicabile in tutti i casi in cui le misure adottate da uno o da entrambi gli Stati contraenti comportino un'imposizione non conforme alle disposizioni convenzionali. E quindi l'invito di Rossi agli Stati a risolvere i loro dissidi sul punto potrebbe sottintendere la volontà di un ricorso di questo tipo.
Questa possibilità è del tutto indipendente dai ricorsi previsti dalla legislazione nazionale e, come precisa in più punti l'articolo 26, non obbliga gli Stati ad addivenire a una soluzione. Presupposto essenziale dell'applicabilità della convenzione è comunque la residenza in entrambi gli Stati contraenti.
Il caso Rossi però mette in luce come la stessa disciplina del Regno Unito, che esclude, di regola, la tassazione dei non domiciled per i redditi prodotti all'estero, potrebbe sollevare rilevanti questioni interpretative nei riguardi dell'articolo 4, par. 1, ultimo periodo della Convenzione in questione. La norma precisa infatti che la definizione di residente «non comprende le persone che sono imponibili in questo Stato contraente soltanto per i redditi provenienti da fonti ivi situate».
In ogni caso, solo dopo aver inquadrato la lite nell'ambito della Convenzione sarà possibile passare alle scelte concrete: dal concordato all'acquiescenza, dal ricorso all'arbitrato.
Da Il Sole 24 Ore
Rossi Contro Visco
Il video trasmesso tre giorni fa da Tg1 e Tg5, in cui il campione di Motogp, Valentino Rossi contesta l'accusa di aver evaso il fisco, «pone problemi seri» in tema di diritto di replica.
La questione – ha osservato ieri il vice ministro dell'Economia, Vincenzo Visco – è nell'uso che si è fatto di quella cassetta. «Da un lato c'è lo Stato, dall'altro il contribuente. Non mi pare giusto che se il contribuente è un cittadino importante debba occupare la scena mediatica da solo». In sostanza, Visco lamenta l'assenza di contraddittorio. In Italia vige un «sistema garantista e a nessuno è vietato difendersi. Vedremo, se dimostrerà di essere residente in Inghilterra non ha molto da temere».
Pronta la replica del legale di Rossi, Lucio Monaco: «Con chi avrebbe dovuto farlo il contraddittorio? Come se tutti fossero esperti tributaristi di norme internazionali. Rossi ha espresso un'opinione di buon senso dicendo che la sua dichiarazione l'ha affidata a dei professionisti, e che lui le tasse le ha pagate e che la sua residenza è a Londra». Nulla da eccepire sul lavoro dell'agenzia delle Entrate, ma «è inaccettabile che i giornali definiscano Valentino un evasore fiscale all'inizio di un contenzioso e di un'inchiesta».
Anche il Tg1 si è difeso. In una nota letta nell'edizione delle 20, la testata sottolinea che «naturalmente il Tg1 aveva dato piena informazione delle accuse rivolte al motociclista ed era giusto sentire anche la sua campana». Quanto a Valentino Rossi, Yamaha, la sua scuderia, ha annunciato che il pilota a Brno (dovedopodomani si disputerà la dodicesima prova del MotoGp) parlerà ai giornalisti solo attraverso comunicati stampa.
Il punto nodale del caso è la residenza. Elemento che peraltro l'agenzia delle Entrate, nell'avviso di accertamento notificato il 3 agosto a Rossi, non sembra sottovalutare, poiché punta l'indice su alcuni "indizi" di un certo rilievo, come automobili e yacht. Elementi che attesterebbero la sussistenza di rapporti fiscali tra Rossi e l'Italia prima del trasferimento della residenza a Londra. Nel mirino, ci sono dichiarazioni "infedeli" presentate a partire dal 2000, oppure addirittura omesse.
Stando alle disposizioni vigenti, sono considerati "non residenti" ai fini delle imposte sui redditi quanti risultano iscritti nelle anagrafi dei Paesi in cui risiedono «per la maggior parte del periodo di imposta», vale a dire per almeno 183 giorni, e ai sensi del Codice civile non hanno nel territorio italiano né il domicilio né la residenza.
A Rossi l'onere di dimostrare che queste circostanze valgano per il suo caso, tenendo conto che i non residenti che hanno prodotto redditi o possiedono beni in Italia sono tenuti a versare le imposte allo Stato italiano, salvo le eccezioni previste da eventuali convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni.
La vicenda tiene banco da vari giorni, per la notorietà dell'"indagato" e per la somma richiesta. Nell'avviso, l'agenzia delle Entrate di Pesaro sostiene che Rossi avrebbe presentato nel 2000 una dichiarazione infedele relativamente a tutte le imposte, e che dal 2001 al 2004 ne avrebbe presentata una infedele per l'Irpef, omettendola invece del tutto per Iva e Irap. Da qui l'atto «dovuto» della denuncia penale.
La contestazione è relativa a compensi non dichiarati per 60 milioni,per un'evasione complessiva stimata in 43,7 milioni. Cifra di tutto rilievo: se vi si aggiungono sanzioni e interessi, il totale sfiorerebbe i 112 milioni.
D.Pes.
Da Il Sole 24 Ore
Niente IVA se il Committente è Straniero
Lavorazioni verso l'estero senza Iva solo se il committente non è residente in Italia.
Con la risoluzione 223/E del 10 agosto, l'agenzia delle Entrate ha confermato che le lavorazioni eseguite su beni nazionali destinati a essere esportati possono essere effettuate in regime di non imponibilità solo nel caso in cui il committente sia un soggetto estero. Se, invece, tali prestazioni sono effettuate nei confronti di un soggetto nazionale, la fattura dovrà essere emessa con l'applicazione dell'Iva all'aliquota ordinaria, senza che abbia alcuna rilevanza la successiva esportazione del bene.
L'agenzia delle Entrate ha così ribadito l'orientamento espresso con la risoluzione n. 470074 del 30 luglio 1990, con la quale aveva chiarito l'ambito di applicazione dell'«esportazione congiunta ».
Vediamo la fattispecie oggetto di interpello. Un ente non commerciale italiano, operante nel campo della ricerca scientifica e nucleare, ha chiesto chiarimenti in merito alla disciplina Iva applicabile agli appalti stipulati con imprese italiane per la costruzione di macchinari e attrezzature. Tali beni, una volta realizzati, vengono consegnati a cura dei fornitori presso centri di ricerca situati in Paesi extracomunitari, ove vengono impiegati per lo svolgimento di programmi di ricerca.
Talvolta i macchinari vengono preventivamente sottoposti a lavorazione, trasformazione, montaggio e simili a cura di ditte specializzate (diverse da quelle che hanno provveduto alla costruzione degli stessi), per conto dell'ente italiano. L'ultima di tali ditte viene contrattualmente incaricata, sempre per conto dell'ente, di esportare e consegnare agli istituti esteri il bene finito.
Secondo il contribuente sia la cessione dei beni che le operazioni di lavorazione eseguite sugli stessi sono non imponibili Iva, ai sensi degli articoli 8, comma 1, lettera a) e 9, comma 1, n. 9 del Dpr 633/72.
Per le Entrate, invece, la prestazione di lavorazione non può essere effettuata in regime di non imponibilità, ma deve essere assoggettata a Iva. Infatti l'articolo 9, comma 1, n. 9, del Dpr 633/72 stabilisce che sono considerati servizi internazionali non imponibili i trattamenti di cui all'articolo 176 del Testo Unico legge doganale, eseguiti su beni in temporanea importazione o su beni nazionali, nazionalizzati o comunitari destinati a essere esportati da o per conto del prestatore del servizio o del committente non residente nel territorio dello Stato. Relativamente ai beni nazionali, secondo l'Agenzia, ai fini della non imponibilità delle lavorazioni eseguite non è sufficiente che gli stessi, al termine dei trattamenti, siano trasportati o spediti fuori dal territorio doganale comunitario, ma è necessario che la prestazione venga commissionata da un cliente estero (comunitario o extracomunitario). Poiché, invece, l'ente istante è un soggetto nazionale, la lavorazione deve essere assoggettata a Iva ad aliquota ordinaria.
L'Agenzia ha inoltre precisato che è applicabile il regime di non imponibilità previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera a) del Dpr 633/72 solo nell'ipotesi in cui il bene, dopo essere stato sottoposto a lavorazione, sia esportato a nome e a cura del cedente. In tal caso è infatti necessario che la bolletta doganale di esportazione sia intestata al fornitore residente ( con indicazione del prezzo di cessione dei beni risultante dalla fattura emessa nei confronti del cessionario) e che vengano esibite alla dogana competente sia la fattura con l'addebito al cessionario del prezzo dei beni ceduti, sia la fattura con l'addebito dei corrispettivi della lavorazione eseguita.
Fonte Il Sole 24 Ore
Mi manda Picone ...
Risanare prima di tutto. E magari assumere anche qualche nome eccellente. Come quelli, segnalati dal Sole-24 Ore, di Gabriele Visco e Bernardo Mattarella. Domenico Arcuri è stato chiamato alla guida di Sviluppo Italia, società privata del ministero del Tesoro con una missione da svolgere: fare pulizia, tagliare qua e là per mettere a dieta una struttura, quella della holding di Stato, "elefantiaca" per stessa ammissione del manager laureato alla Luiss.
Libertà di azione per l'ad di Sviluppo Italia dunque. Anche se scorrendo la lista dei nomi dei nuovi assunti qualche dubbio verrebbe. Uno si chiama Gabriele Visco, figlio di Vincenzo, viceministro dell'Economia e come tale uno dei controllori di Sviluppo Italia. Gabriele è un esperto di comunicazione e fino a pochi mesi fa lavorava in Telecom Italia. Per lui un ricco contratto di consulenza.
L'altro si chiama Bernardo Mattarella, nipote di Sergio, parlamentare ulivista ed ex ministro della Difesa. Per lui un contratto da dirigente nella divisione Finanza, ruolo che prima ricopriva a Banca Nuova. I curricula ci sono: nulla da obiettare. Ma sono sempre figli, nipoti di ministri che dalla cosa pubblica dovrebbero tenersi ben lontani: non per demeriti, ma per bon ton. Qui invece succede che il controllato assume addirittura il figlio del controllore. E poi i nostri governanti si lamentano se dei giornalisti li chiamano casta....
Fonte TG Fin
Se fosse successo in Italia, l'avremmo apprezzato ?
Il Sindaco di Londra, per limitare i danni dovuti all'inquinamento e al traffico, ha deciso di introdurre una supertassa alle automobili che, in relazione alla loro cilindrata e dimensione creano particolari disagi alla Capitale Inglese.
In pratica, i fortunati possessori di SUV (vedi VW Touareg, Porsche Cayenne, ecc) pagheranno una supertassa annuale di circa 6500 sterline (quasi 10.000 euro) per poter circolare nella Capitale.
Come è stata accolta la notizia dagli inglesi ?.....
Ben fatto !
Come sarebbe accolta a Milano ? ....
Hai dichiarato poco "ieri", "oggi" la paghi...
L'agenzia delle Entrate può rettificare il corrispettivo dichiarato per la cessione degli immobili, in base al valore normale, con effetto sia ai fini Iva sia per le imposte dirette, pertanto tutte le disposizioni per la determinazione del valore normale degli immobili, emanate a luglio 2007, saranno attinenti ai settori impositivi dell'Iva e delle imposte dirette anche per i passaggi di proprietà passati.
L'Agenzia in relazione alle vendite di beni immobili, potrà rettificare direttamente la dichiarazione Iva quando il corrispettivo della vendita, fu dichiarato in misura inferiore al valore normale.
Con lo stesso sistema, in materia di accertamento delle imposte sui redditi, gli uffici finanziari potrà rettificare direttamente il reddito d'impresa dichiarato tenendo conto del valore normale dei beni immobili quando questi risulta superiore al corrispettivo dichiarato e ciò senza dover preventivamente dimostrare l'incompletezza, falsità o inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e ancorché non sussista l'irregolare tenuta delle scritture contabili.
L'ampliamento del potere di accertamento introdotto con l'articolo 35 del Dl 223 rappresenta una forte penalizzazione per le imprese in quanto lascia libero arbitrio alle Entrate per l'accertamento di valore anche in presenza di fabbricati venduti in regime di Iva e nell'esercizio di impresa, potendo altresì essere applicato ai trasferimenti immobiliari effettuati prima del 4 luglio 2006
Con il Catasto non mi freghi
Così il Fisco Italiano, con la pubblicazione, sulla «Gazzetta Ufficiale» del 7 agosto del provvedimento del 27 luglio 2007 detta i criteri per la definizione del valore "normale" dei fabbricati, determinante per gli accertamenti fiscali.
Un passo obbligato per l'ufficializzazione dell'Osservatorio del mercato immobiliare (Omi) come valore di riferimento per l'immobiliare, che andrà a sostituire il catasto sui valori immobiliari, tanto da far spaventare persino l'Associazione dell'Uppi (Piccoli Proprietari Immobiliari che parla di un vero e proprio ciclone fiscale che sta per abbattersi sulla casa.
Il provvedimento stabilisce i criteri per determinare il valore normale dei fabbricati.
In pratica, il valore dell'immobile, deve corrispondere a quello unitario definito semestralmente dall'Omi, per la zona omogenea di riferimento nel territorio di ciascun Comune, per immobili di ogni destinazione, moltiplicato per la superficie catastale, calcolata in base ai criteri dell'articolo 3 del Dpr 138/98, comprensiva delle murature interne ed esterne, il 50% per quelle in confine, il 30% per i balconi, il 15% per i terrazzi fino a 25 metri quadrati. E il 5% per la parte eccedente, il 50% delle cantine con accesso diretto ( sottonegozi o cantinette), 25% per cantine e soffitte, il 50% per i retri dei negozi.
In quanto non sempre le tipologie di immobili rilevate dall'Omi sono corrispondenti a quelle catastali, con un allegato al provvedimento vengono date le indicazioni per stabilire il valore normale, partendo dai dati Omi, applicando dei coefficienti correttivi in diminuzione, per le abitazioni di tipo popolare, ultrapopolare e rurale, partendo da quelle economiche o in aumento per quelle in ville e castelli, partendo da quelle dei villini, fino al 20% in più o in meno.
Questi valori potranno essere successivamente modificati dagli Uffici, in base ad altri parametri dell'edificio, tra i quali le offerte di vendita al pubblico tramite i media.
Insomma, un vero e proprio terremoto per chi vuole acquistare casa e dichiararla poco.Il Popolo è deluso
Raccogliamo i commenti dei lettori inviati al Sole 24 ore:
Il privato fallisce quando è «malato»
Sono un giovane lavoratore, laureato da pochi anni e occupato presso un'azienda. Scrivo per dare il mio appoggio al maxicontribuente deluso: condivido pienamente le sue idee. Ho letto anche la replica del ministro dell'Economia:ma le sue sono "non risposte". Padoa-Schioppa fa riferimento alla convinzione che il pubblico sia malato e il privato, al contrario, sano. Non penso sia così.
Anche il privato è malato, ma è privato.
Se il privato va male prima o poi muore.
Nel pubblico, invece, questo non succede mai. Ho visto pochi giorni fa un documentario su Sandro Pertini, sull'Italia del dopoguerra, sulla rinascita. Ora capisco perché mio nonno rimpiangeva quei tempie quelle persone.
E-mail firmata
Spese detraibili per far emergere il nero
Pagare le tasse è un dovere per ogni cittadino che intende partecipare attivamente alla vita sociale del proprio Paese. Anch'io, piccolo imprenditore, lavoro ormai da 25 anni per contribuire alla crescita e al valore della mia comunità.
Oggi però il tasso di incidenza fiscale sui miei ricavi – considerando Irpef, contributi previdenziali, Irap, eccetera – è arrivato al 65 per cento. E questo genera sfiducia, demotivazione e anche la tentazione di non essere più onesti. Né la politica degli studi di settore e dei redditometri, né quella dei condoni risolvono il problema. Secondo me, è necessario far emergere tutto il "nero" che esiste in Italia. Per combattere il sommerso, ogni cittadino deve avere la possibilità di detrarre dalla dichiarazione dei redditi tutte le spese sostenute.
Patrizio Cosimi
Banca. I rischi del redditometro
Conviene acquistare in Italia e intestarsi il bene ?
L'agenzia delle Entrate rispolvera il redditometro, prendendo di mira per i prossimi tre anni i cittadini italiani.
Per questo motivo, oggi, prima di fare un acquisto "importante", bisogna valutare attentamente quanto si pagherà e decidere, eventualmente, come fare ad acquistarlo.
La circolare 49/E del 9 agosto 2007 avvia la procedura del redditometro.
Viene indicato che non è una manovra per far scattare accertamenti automatici, ma effettuare una selezione di contribuenti ad alto rischio evasione su cui puntare l'attenzione.
A differenza di quanto avveniva in passato, oggi il Fisco dispone di sofisticati strumenti informatici per poter evitare facili errori.
L'abbandono otto anni fa del redditometro (circolare 101 del 1999) era avvenuto anche perché alcuni uffici avevano impropriamente valorizzato spese di prima necessità, come quelle per l'utilitaria, per la prima abitazione o per il mutuo immobiliare.
Ma lo sapevate che pagate ancora le tasse per l'Abissinia ?
Il costo dei carburanti attraverso benzina e gasolio ancora oggi servono per finanziare la guerra d'Abissinia (1935), la tragedia del Vaiont (1963), gli interventi umanitari in Libano (1983)e Bosnia (1996)o l'alluvione di Venezia e Firenze il 4 novembre 1966, per i quali l'altro giorno un senatore di Forza Italia ha avuto il coraggio di protestare.
Con un trucco verbale, nei decenni i Governi hanno caricato su benzina e gasolio nuove tasse, annunciate come "una tantum" ma diventate "una semper".
Impossibile chiederne conto, in quanto con le sempre comunifurberie fiscali, i Governi hanno quasi sempre omesso di specificare la destinazione di quei fondi raccolti attraverso il rifornimento di carburante.
La formula classica è: «Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di modificare il regime fiscale di alcuni prodotti petroliferi». Non una parola in più.
Oggi e per sempre i consumatori con il rifornimento pagheranno a un Fisco metafisico la marcia senza tempo del regio esercito verso Addis Abeba.
Italiani !!! State pagando ancora la Marcia su Addis Abeba.
Va tutto Male ? Iniziamo a togliere ai ns politici
E' di questi giorni la grande querelle nei confronti di grandi Campioni che spostano le loro residenze fiscali in Gran Bretagna o Montecarlo per sfuggire alla morsa del Fisco Italiano. Sempre più "vampiro" e sordo all'appello dei cittadini che chiedono aiuto alle troppe tasse imposte.
Gli italiani non riescono più a sopravvivere ad una pressione fiscale del genere eppure, la parola d'ordine è "Terrorismo Fiscale".
Ma come funziona. Molto semplice, si spaventa il cittadino che se non paga finirà male, davvero molto male. Risultato: ancora più cittadini decidono di scappare dalla morsa. Insomma, il cane che si morde la cosa.
A voler fare gli spiritosi si potrebbe pensare che l'Agenzia delle Entrate voglia, chiedendo 112 milioni al campione pesarese, ripianare il debito della Guardia di Finanza e dei Carabinieri che sommato si aggira proprio su quelle cifre.
Incredibile, ma è così. Guardia di Finanza e Carabinieri quasi in Bancarotta. Ma allora ci chiediamo, dopo le belle parole del Segretario Cesa di aumentare lo stipendio ai parlamentari pena "dobbiamo andare a p......e", chi, in quest'Italia non ha problemi finanziari ?
Purtroppo la risposta è solo una: I nostri Politici.
Sul Sole 24 ore di oggi appare che siamo lo stato che spende di più per finanziare i pariti. Questa la tabella di confronto, rapportata ai cittadini residenti. Ogni abitante "dona" ai partiti euro:
- Italia: Euro 3,40 per un totale di 200.000.000 di euro
- Germania: Euro1,59 per un totale di 133.000.000 di euro
- Spagna: Euro1,33 per un totale di 60.000.000 di euro
- Francia: Euro1,14 per un totale di 73.000.000 di euro
- Inghilterra: Euro 0,15 per un totale di 9.000.000 di euro
Incredibile, L'Italia rispetto alla media europea paga oltre il 120% in più di finanziamento ai suoi partiti ed addirittura, nei confronti dell'Inghilterra, il cittadino italiano paga oltre il 1300% in più di finanziamento ai suoi partiti.
Forse inizia ad essere chiaro perchè il Valentino Rossi ha deciso di lasciare il Bel Paese. Ha fatto poi così male?
Anzichè Terrorismo Fiscale, bisognerebbe iniziare a pensare a diminuire la Pressione Fiscale di una sanguisuga senza più controllo.
I Contribuenti Tutelano Valentino Rossi
Secondo Lo Sportello del Contribuente sono oltre 250 mila contribuenti italiani residenti in Europa che si trovano nella posizione di Valentino Rossi e che hanno scelto di pagare le imposte in uno stato comunitario diverso da quello italiano.
Non bisogna scandalizzarsi se in tutta Europa la tassazione è più bassa che in Italia. Contribuenti.it ricorda che nella maggior parte dei paesi vige da tempo la tax flat con una aliquota media del 20% e che a partire dal 2008 la Bulgaria tasserà i contribuenti con una aliquota fissa del 10%.
Ciò che è scandaloso è la diversa tassazione dei redditi in Italia. Mentre tutti i redditi sono tassati con aliquote sproporzionate fino a superare il 50%, il reddito di capitale è tassato solo con 12,50%.
Contribuenti.it ricorda che Valentino Rossi ha preso la residenza non in un paradiso fiscale ma a Londra sin dal 2000 e che la maggior parte delle tasse le paga in Irlanda, attraverso società di capitali.
“Dubitiamo che un campione come Valentino Rossi possa aver evaso il fisco – afferma Vittorio Carlomagno presidente di Contribuenti.it Associazione Contribuienti Italiani - Abbiamo l’impressione che anche questa volta l’Amministrazione finanziaria abbia emesso un accertamento privo di fondamento. In questo caso si sarebbe dovuto procedere con maggior cautela prima di creare un altro mostro fiscale”.
Contribuenti.it ricorda all’amministrazione finanziaria che da tempo siamo entrati in Europa e che tutti i cittadini sono liberi di scegliere la propria residenza in un qualunque paese della Comunità europea, anche solo per risparmiare le tasse.
Ciò accade anche in Italia, dove molti cittadini scelgono di risiedere in regioni e città dove l’IRAP o l’addizionale comunale è più bassa.
"E’ giunta l’ora di armonizzare le tasse in Europa - conclude Vittorio Carlomagno – introducendo una tax flat uguale in tutti i paesi. Non è possibile considerare i contribuenti italiani come cittadini europei di serie B.”.
Si può andare contro il Redditometro ?
La ricchezza indicata sul redditometro analizza beni e servizi, lasciando spazio ai contribuenti di indicare i beni in base ai quali il loro possesso è giustificato, senza aver commesso evasione fiscale.
Ai fini del redditometro si elencano:
- aeromobili;
- imbarcazioni;
- autoveicoli;
- mezzi di trasporto a motore;
- roulotte;
- residenze principali e secondarie;
- collaboratori familiari (no i collaboratori dell'impresa familiare);
- i cavalli da corsa o da equitazione;
- le assicurazioni di ogni tipo (escluse per veicoli a motore, vita e infortuni e malattie).
L'ufficio può così procedere all'accertamento "sintetico" del maggior reddito calcolato, nel caso in cui la differenza tra il redditometro e quello dichiarato risulta differente del 25% per almeno due anni.
Il contribuente in questo caso ha la facoltà di dimostrare che il maggior reddito presunto dal redditometro è costituito da redditi esenti, redditi soggetti a ritenuta a titolo di imposta o da una diminuzione del patrimonio posseduto.
Al riguardo, nella circolare 49/E, l'Agenzia delle Entrate indica che, nel corso della fase istruttoria mediante convocazione in ufficio o mediante questionario o nell'ambito del procedimento di accertamento con adesione (cosiddetto concordato a regime), occorre acquisire tutte le informazioni e la relativa documentazione probatoria non conoscibili attraverso gli strumenti informativi a disposizione ovvero per suffragare quelli conoscibili, che configurano la "prova contraria" ( come previsto dal comma 6 dell'articolo 38 del Dpr 600/1973) che il contribuente oggetto di controllo può fornire prima della notificazione dell'atto di accertamento.
Il contribuente può quindi fornire le prove che giustificano le differenze tra il reddito dichiarato e quello sinteticamente attribuibile dal redditometro, dimostrando che:
• possiede redditi esenti, quali Bot, Cct, e simili;
• è titolare di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, quali depositi bancari, buoni postali o altro;
• esercita attività d'impresa o di lavoro autonomo con proventi non tassabili o esenti, quali i redditi conseguiti dai cosiddetti venditori porta a porta, soggetti a ritenuta a titolo d'imposta;
• il reddito conseguito non è quello effettivamente conseguito per effetto della tassazione forfettaria prevista dalla legge;
• ha venduto beni immobili.
Da Il Sole 24 Ore
Le Prove contro Valentino Rossi le deve fornire l'Agenzia delle Entrate
Nel caso di Rossi l'onere della prova incombe sull'amministrazione finanziaria, poiché la Gran Bretagna, pur avendo di fatto un regime privilegiato, non è considerata paradiso fiscale (articolo 2, comma 2 bis del Tuir).
Nascono gli Elenchi sulle False Intestazioni
Se la montagna non va da.......
La cosa ha dell'Incredibile.
Ogni giorno migliaia di famiglie italiane risparmiano per poter inviare i loro figli a studiare, almeno nei mesi estivi, nel paese di Sua Maestà la Regina.
Le cose stanno piano piano migliorando sulla conoscenza della lingua del Business Mondiale, anche se come al solito il Bel Paese è fanalino di coda, non solo europeo.
Dal Belgio al Chile, non è così inconsueto trovare giovani ragazzi che parlano fluentemente l'Inglese. In Italia invece, a tutto ciò siamo ancora lontani.
Visti da fuori, probabilmente, facciamo un minimo di "tenerezza", tanto che Downing Street ha deciso di lanciare la versione in italiano del suo sito internet con informazioni sul Governo britannico, il premier e la sua storia.
La domanda è d'obbligo: L'hanno fatto perchè ci considerano importanti, oppure ... ?
Ocse, l'Italia è la più lenta
L'economia nazionale è in fase calante dal luglio 2006, in controtendenza rispetto alla Germania, che negli ultimi 12 mesi s'è mostrata invece in costante aumento.
Negli Stati Uniti l'indice Ocse è salito di 0,8 punti a 108,9, con la tendenza semestrale in crescita dal 3,1% al 4,2%. Indice in progresso anche in Giappone (0,2 punti su base mensile, mentre il trend semestrale è passato dallo 0,5% di maggio allo 0,8% di giugno; mentre nell'area euro la variazione mensile è stata minima, con +0,1 punti a 108 e un tasso semestrale invariato all'1,2 per cento.
Per quanto riguarda i Paesi emergenti: la Russia sale di 1,3 punti a 137,3 (trend semestrale da 1% a 2,7%), in Brasile l'indice è cresciuto di 2 punti a 137,2 (da 11,4% a 13,1%), e in Cina di 1,4 punti a 257,9, mentre il tasso semestrale continua a scendere e a giugno si è fermato al 14,4% dopo il 16% di maggio.
Capirossi insegue il "Vale", ma non in pista
Loris Capirossi è in scia a Valentino Rossi, ma non in pista bensì nelle cartelle del Fisco italiano.
Il pilota emiliano della Ducati, già recidivo, dichiarando di risiedere a Montecarlo, avrebbe evaso 1,3 milioni di euro relativi all'anno 2002.
Loris Capirossi sembrerebbe non essere residente a Montecarlo come affermerebbe, e quindi i conti non tornerebbero ancora.
1,3 milioni di euro risalenti al 2002, che vanno ad aggiungersi agli 8 milioni di euro del periodo 1995-2000.
Loris ha già perso la causa davanti alla Commissione Tributaria. Il nodo è il suo trasferimento di residenza all'estero, che il campione di motociclismo dichiara essere nel Principato di Monaco.
La normativa prevede infatti che, anche nel caso in cui il contribuente, pur avendo trasferito all'estero la propria residenza anagrafica, abbia mantenuto in Italia il proprio domicilio, cioè la sede dei propri interessi economici, i suoi guadagni vanno assoggettati a tassazione nel nostro Paese.
L'Italia delle leggi mai approvate...
Appena il 7,3% dei progetti di Legge presentati al Parlamento Italiano ha terminato con successo il proprio percorso burocratico con esito positivo.
Rapportandoci agli altri paesi europei, naturalmente siamo i fanalini di coda.
Questo perchè? Le motivazioni possono essere molteplici:
1) I deputati e i senatori italiani lavorano meno?
2) Il grande quantitativo di disegni e di proposte di legge che a ogni legislatura inonda gli uffici amministrativi, creando solo indifferenza e noia.
3) La complessità delle manovre legislative, che anzichè snellire le procedure le complicano ulteriormente, aumentando i tempi di studio e valutazione delle Leggi stesse.
Si sono messe da parte le questioni veramente importanti per il benessere del nostro paese, mettendo in rilievo problematiche di non così fondamentale rilevanza, quale potrebbe essere "la patente europea per i pizzaioli", oppure la valorizzazione "del tortello di zucca"; che si vanno ad affiancare a circa 4000 altre proposte di legge presentate solo in questo anno; di cui solo l'1% ha raggiunto l'approvazione definitiva.
Guardiamoci intorno:
la Francia ha circa il 24% delle Leggi approvate;
la Gran Bretagna si aggira intorno al 30%;
la Germania e la Spagna hanno quasi la metà delle loroLeggi approvate.
Le differenze sulla produzione legislativa fra l'Italia e gli altri Paesi europei investe soprattutto la classe politica.
La presentazione di un progetto di legge è, infatti, finalizzata solo ed esclusivamente ad un ottenimento di un consenso presso l'elettorato.
Le differenze si basano anche su ragioni costituzionali, infatti nessun paese europeo ha un sistema bicamerale come quello italiano, dove una Camera è la precisa copia dell'altra.
I progetti di legge possono essere presentati in entrambi i rami del Parlamento e dove l'obbligo di approvare un identico testo da parte di ciascuna Camera crea un ingorgo legislativo.
La Bundenstag in Germania e l'Assemblea Nazionale in Francia legiferano soltanto ed esclusivamente nelle materie espressamente riservate dalla Costituzione, affidando così il resto ai regolamenti governativi.
Il segreto forse è quello di avere una maggioranza coesa, stabile e tutta orientata a dare attuazione al programma di indirizzo politico attraverso leggi che sostanziano ciò che è stato promesso all'elettorato.
Il Parlamento Italiano è diventato un luogo dove vengono convogliate le più svariate proposte di legge, con il solo fine di mostrarle e di rivendicarle, pur sapendo che difficilmente verranno pubblicate sulla "Gazzetta Ufficiale".
Ci troviamo di fronte da una iper-trofia della progettazione legislativa, forse occorre al più presto un rimedio....
Nessuna direttiva sui Business Trust
I business trust non sono trust «con beneficiari» (fixed o discrezionali) né trust di scopo (cioè senza beneficiari, determinati o determinabili, come il trust caritatevole).
Il trust for sale non va confuso con il trust di garanzia (che la circolare classifica come trust «di scopo»). Il trust di garanzia è «di scopo» perché non ha beneficiari, in quanto devolve i beni al trustee affinché egli svolga la funzione che tradizionalmente svolge l'iscrizione ipotecaria (classico il caso del trust istituito per garantire l'emissione obbligazionaria).
Il trust for sale e quello eretto per garantire l'attuazione di un patto parasociale sono invece dei mandati che hanno come beneficiario colui o coloro che ne sono i disponenti; quindi non un trust senza beneficiari né un trust con beneficiari terzi rispetto al disponente.
La circolare 48/E, dunque, si occupa dei trust di scopo (disponendone la tassazione con aliquota dell'8%) e dei trust fixed (disponendo di applicare aliquota ed eventuale franchigia proprie del rapporto tra disponente e beneficiario), ma non della tassazione dei business trust né della tassazione dei trust discrezionali. Né parla dei business trust, probabilmente per la loro sostanziale natura di mandato conferito nell'interesse del mandante.
Pertanto, sia in base a quest'ultima considerazione, sia in base alla tesi, espressa in circolare, secondo cui la tassazione va misurata sul rapporto di parentela o affinità eventualmente sussistente tra settlor e beneficiario, dovrebbe conseguireche l'atto istitutivo del vincolo di destinazione va sottoposto al prelievo in misura fissa, trattandosi di una figura di trust ove il beneficiario è lo stesso disponente.
Infatti,da un lato,non vi è tecnicamente un'aliquota disponibile per questo caso (sarebbe paradossale applicare l'aliquota degli «altri soggetti»sul livello massimo dell' 8%).
D'altro lato, più in generale, in capo al trustee non si manifesta alcuna capacità contributiva in quanto l'intestazione dei beni a suo nome è lo strumento tecnico di un portage attraverso il quale si realizza lo scopo che con l'istituzione del trust è perseguito.
Quanto all'imposta ipotecaria e catastale, la circolare è drastica nel ritenere l'applicabilità in misura proporzionale a qualsiasi trasferimento di diritti immobiliari (quindi nel trasferimento sia da disponente a trustee sia tra trustee e beneficiario) per la ragione che si tratterebbe di imposte dovute per effettuare le formalità nei Registri immobiliari e nella banca dati catastale.
Si potrebbe tuttavia obiettare che:
- ogni qualvolta non c'è un trasferimento (come accade nel trust autodichiarato in cui i beni rimangono di titolarità del disponente che se ne dichiara trustee) si potrebbe ritenere non applicabile l'imposta proporzionale;
- se il trust, come dice la circolare, è «espressione di un unico disegno volto a consentire l'attuazione dello scopo» indicato dal disponente ed è un vincolo di destinazione «fin dall'origine» istituito «a favore del beneficiario», allora appare eccessivo tassare entrambi i passaggi, pur dovendo movimentare due volte i pubblici registri;
- se il trust è in sostanza un mandato,
come nei business trust, non dovrebbe esserci ragione per applicare un'aliquota proporzionale, che è propria di un'attività giuridica di natura effettivamente traslativa.
Trust, trasparenza decisiva
L'Agenzia chiarisce la differenza tra opacità e trasparenza del trust, precisando che per essere «individuato» il beneficiario deve essere titolare di un diritto a pretendere dal trustee il reddito conseguito dal trust: deve avere una capacità contributiva effettiva ed attuale sul reddito conseguito dal trust. Se dall'atto di trust e' identificabile questo diritto allora opera la trasparenza fiscale altrimenti il trust viene tassato in proprio.
La circolare conferma che i redditi sottoposti a tassazione definitiva in capo al trust esauriscono ogni ulteriore adempimento tributario, sia in caso di trust opachi sia in caso di trust trasparenti. Tutti i regimi sostitutivi o definitivi tipici della fiscalità finanziaria (risparmio amministrato e gestito, in particolare) possono quindi essere utilizzati senza rischio di doppie imposizioni in strutture che prevedano un trust.
Sulla residenza del trust e le clausole antielusive operanti viene precisato che per luogo di istituzione del trust è da intendersi il luogo in cui formalmente il trust ha la residenza.
Inoltre viene precisato che la presunzione relativa di residenza fiscale in Italia per i trust istituiti in Paesi che non consentono lo scambio delle informazioni e che ricevono apporti immobiliari è relativa a immobili che in prevalenza sono ubicati in Italia, rispetto a quelli apportati e ubicati all'estero.
Lascia perplessi l'affermazione che la detenzione di immobili prevalentemente in Italia collochi l'oggetto principale del trust in Italia, a prescindere dalla presunzione sopra descritta Si paventa, inoltre, l'applicabilità della presunzione di esterovestizione prevista all'articolo 73, commi 5 bis e 5 ter. Si ritiene, in realtà, che essa possa operare solo quando la gestione di fatto del trust sia fatta da residenti, dato che l'ulteriore requisito che sia sottoposto a un «controllo» ai sensi dell'articolo 2359 è impossibile in un trust.
Per ciò che concerne l'apporto in trust di titoli partecipativi, la circolare chiarisce che il trustee deve acquisire questi titoli valorizzandoli fiscalmente all'ultimo costo fiscalmente riconosciuto in capo al disponente. Non appare invece convincente l'affermazione per cui l'intermediario che eventualmente detenesse questi titoli nell'ambito di un regime di risparmio amministrato debba valorizzare il trasferimento al valore corrente del titolo e non al costo fiscalmente riconosciuto in capo al disponente, trattandosi di trasferimento a dossier diversamente intestato. Infatti, l'articolo 6, comma 6 del decreto legislativo 461 del 1997 – richiamato nella circolare – non si applica quando il trasferimento avviene per «donazione» e la sottomissione dei beni al trust è soggetta, per la circolare stessa, a imposta di donazione.
Per ciò che concerne l'imposizione indiretta, è da notare che l'Agenzia inquadra il trust nella categoria dei vincoli di destinazione, costituiti da un rapporto giuridico complesso con un'unica causa fiduciaria, da cui consegue che lo strumento debba essere colpito da tassazione indiretta solo in sede di costituzione del vincolo e non anche in sede di distribuzione al beneficiario. È da notare il contrasto esistente tra la soluzione individuata dalla circolare in commento e quanto previsto nell'ultimo progetto di legge sul blind trust che prevede, nel caso in cui il fondo in trust a scadenza venga restituito al disponente, che nessuna imposizione diretta e indiretta deve essere operata. Al momento, invece, parrebbe dovuta comunque l'imposta di donazione. La sostanziale identità degli strumenti giuridici dovrebbe portare a medesimi trattamenti fiscali.
Tratto dal Sole 24 Ore
Paolo Ferretti Marco Piazza
Un commento ai fatti accaduti a Valentino Rossi
Intervistiamo l'Amministratore delegato della New Italian Services Ltd, società londinese che si occupa di Costituzione e Gestione di Società in Inghilterra e paesi off-shore, per scoprire torti e ragioni, ma soprattutto errori commessi da Valentino Rossi nella gestione della sua attività extra-Italia.
Dottore, ci commenti le notizie viste in questi giorni sui giornali.
Onestamente è difficile poter indicare torti e ragioni, in quanto devo basarmi esclusivamente su fatti appresi dai giornali.
In base a questo cosa ci può dire.
La chiave di tutto è l'effettiva residenza di Valentino Rossi a Londra. Se questa fosse dimostrata, tutto verrebbe a cadere. La stessa Agenzia delle Entrate, nelle sue comunicazioni punta esclusivamente sul dimostrare che così non era. Fatto questo, i guai sono certi.
Un piccolo punto cardine che potrebbe dividere le acque.
Esatto. Anche se credo che non sarà facile per il Dott.Rossi dimostrarlo. Forse la giovane età, o consigli mal dati, o gestiti, hanno portato a tutto questo.
In pratica non avrebbe dovuto farlo.
No, anzi, nessuna contro indicazione nel farlo. Avrebbe avuto davvero molte agevolazioni, ma non in quel modo.
A cosa si riferisce.
A tutto. L'operazione andava molto bene, ma se bisogna stare molto attenti a fare le cose per bene per illustri sconosciuti, bisogna prestare mille attenzioni in più se si è personggi famosi.
Capisce che è abbastanza ingenuo intestarsi un abbonamento Telecom Italia se si dichiara di vivere all'estero.
Grazie mille
Il Paese dei Furbetti
E' proprio di questi giorni in auge la polemica riferita al pagare o meno le tasse.
Marco Vitale, economista e famoso studioso di finanza pubblica, commenta che dà un quadro serio e realistico di questa Italia che nessuno accetta, non è altresì accettabile la risposta del ministro PadoaSchioppa sul Sole 24 ore al cittadino deluso.
Prima di tutto perché i parlamentari e gli uomini di governo non sono stati eletti, cioè scelti dai cittadini, ma sono stati tutti scelti dalle congregazioni dei partiti.
In secondo luogo perché non si può eludere con prediche da parroco di campagna il problema cruciale del deterioramento del rapporto fiscale che ha raggiunto livelli tali da potersi definire la maggiore tragedia del Paese.
Questa tragedia non può più essere affrontata né con il terrorismo fiscale, né con gli appelli impropri alla Chiesa, né con discorsi generici.
Richiede lucidità politica e tecnica e credibilità altissime. Richiede un nuovo Ezio Vanoni che dal 1948 al 1954, diminuendo continuamente le aliquote, controllando la spesa e facendo continuamente lievitare il senso di giustizia nel rapporto tributario, risanò il bilancio dello Stato dissestato dalla guerra, finanziò la ricostruzione, insegnò agli italiani a fare la dichiarazione dei redditi e realizzò l'unica grande operazione di emersione dell'economia nera dell'intera storia italiana.
Noi aggiungiamo: Possibile che, nel mondo astratto dei Politici Italiani, deve essere sempre il cittadino a fare il primo passo?
Ottima frase, direi, a leggere tra le righe si potrebbe pensare: "Allora è vero che il Governo prende solo gli stupidi... Tartassiamo quelli che pagano, ma non facciamo niente per risolvere"
Redditometro Formato Famiglia
Decolla il redditometro formato famiglia.
Il nuovo strumento di accertamento "sintetico" affiancherà quello in vigore dal 1992 che punta sui singoli contribuenti. Nel mirino sono le «manifestazioni di capacità contributiva, incompatibili con il reddito dichiarato». Sotto tiro sono coloro che possiedono immobili, residenze secondarie, auto di grossa cilindrata, barche o altri beni di lusso e che dichiarano imponibili bassi. Ma il rischio di accertamento, questa volta, riguarda solo le persone fisiche. A dare il via, da subito, al redditometro esteso alla famiglia è una maxi-circolare delle Entrate (n. 49/E) diffusa ieri a tarda sera.
Secondo le indicazioni impartite agli uffici, i controlli riguarderanno i contribuenti già inclusi nel programma annuale delle verifiche fiscali per il 2007. L'accertamento si estende però a ritroso a partire dal periodo d'imposta 2001. Il Fisco rispolvera dunque il redditometro alla ricerca dei falsi poveri.
E torna a usare l'accertamento che misura il reddito secondo i beni posseduti o i servizi scelti dai contribuenti. Per consentire agli uffici di acquisire gli elementi necessari per i controlli, anche ai fini della selezione, è in fase di realizzazione una banca dati delle «famiglie fiscali».
L'anagrafe conterrà le informazioni sui contribuenti a partire dal 2001. Entro dicembre, gli uffici dovranno privilegiare le segnalazioni sulla base degli incroci tra autovetture e incrementi patrimoniali, che sono gli acquisti e i possessi più diffusi. Insomma, auto, immobili e altri beni sono «rilevanti» per l'accertamento. La denominazione "redditometro" si usa per indicare gli strumenti di determinazione del reddito. Si tratta dello strumento che fornisce una prima stima del reddito attribuibile alla persona fisica, misurandolo su alcuni elementi indicativi di capacità contributiva. La norma che ammette l'uso di questo strumento è l'articolo 38, comma 4, del Dpr 600/73, che prevede disposizioni sulle rettifiche delle dichiarazioni delle persone fisiche. Il decreto stabilisce che l'ufficio può, in base a elementi e circostanze di fatto certi, determinare il reddito complessivo del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze, quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato.
La determinazione induttiva del reddito può essere fatta dall'ufficio in relazione a elementi indicativi di capacità contributiva quando il reddito dichiarato non risulta congruo, rispetto agli elementi di capacità contributiva, per due o più periodi d'imposta. Il nuovo redditometro, precisa la circolare, prende le mosse dall'atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per il triennio 2007-2009.
Il perseguimento di questo obiettivo passa per il recupero della base imponibile non dichiarata, da attuare, tra l'altro, attraverso «un'attenta selezione dei soggetti da sottoporre a controllo sulla base delle evidenti manifestazioni di capacità contributiva». Così, chi ha un'evidente capacità contributiva e dichiara redditi "poveri", rischia l'accertamento mediante il redditometro. Poi, se esistono elementi certi in base ai quali è possibile attribuire al contribuente maggiori redditi, o redditi omessi, l'ufficio, al posto del redditometro, potrà privilegiare la rettifica analitica delle singole categorie di reddito. L'agenzia delle Entrate avverte gli uffici che nella selezione dei contribuenti per l'attività di accertamento, particolare attenzione dovrà essere posta sul nucleo familiare.
Secondo le Entrate, non si tratta di mettere in atto un redditometro sulla famiglia, ma di individuare, nell'ambito delle cosiddette «famiglie fiscali», quali sono i componenti che non dichiarano redditi o che dichiarano imponibili modesti rispetto alla manifestazione di ricchezza che possono vantare. Così, il Fisco potrà scovare i contribuenti di «effettivo interesse fiscale per il contrasto all'evasione». Occorre dunque valutare la complessiva posizione reddituale dei componenti il nucleo familiare per verificare se gli elementi indicativi di capacità contributiva rilevanti ai fini dell'accertamento possono trovare giustificazione nei redditi degli altri componenti il nucleo.
BENI STRETTAMENTE SORVEGLIATI
AUTOVEICOLI
L'Agenzia ha preparato una lista nella quale sono segnalate le persone fisiche che risultano aver immatricolato nel 2003 autovetture di potenza fiscale uguale o superiore a 21 CV e per le quali il «reddito complessivo netto convenzionale» per i periodi d'imposta 2002 e 2003 non è coerente per almeno un quarto con il reddito imponibile dichiarato
PATRIMONI
Una seconda lista elaborata dall'Agenzia riguarda le persone fisiche che hanno dichiarato per il 2002-2003 imponibili incongruenti rispetto alla consistenza delle spese (compravendite e conferimenti di somme di denaro eccetera) risultanti dagli atti stipulati e registrati negli anni dal 2003 al 2007 (fino al 31 marzo 2007)
CORRETTIVI FAMILIARI
Gli uffici dovranno valutare i redditi complessivi dei componenti il nucleo familiare, perché gli elementi indicativi di capacità contributiva rilevanti ai fini dell'accertamento sintetico possono trovare giustificazione nei redditi degli altri componenti il nucleo familiare. Occorrerà perciò ricostruire la situazione sia del contribuente sotto osservazione sia dei suoi familiari
Tratto dal Sole 24 Ore On-Line
Nubi nere all'orizzonte
I segnali netti e inconfutabili si possono tranquillamente analizzare con le operazioni finanziarie che essa adotta nel tentativo disperato di rimanere solida, legate al nervosismo e alle operazioni non più "etiche" dei suoi amministratori.
Un esempio chiaro potrebbe essere il notare quando un'azienda inizia a vendere le sue attrezzature più importanti, magari destinate a creare valore aggiunto ed abbinato a ciò, i suoi amministratori iniziano ad inviare fatture per servizi inesistenti e a pretenderne il pagamento con metodi a dir poco ortodossi.
Purtroppo, lo stesso "modus operandi" lo si sta valutando nella Società "Governo Italiano" e nei suoi attuali amministratori che, invece di compiere azioni a favore, per la ripresa dell'economia, si lanciano in poco chiare ammissioni, vendite impossibili e richieste al limite della pura fantascienza.
Ci stiamo riferendo ad un Italia che è sempre più sull'orlo del baratro ed ha un Presidente della Repubblica che deve ammettere pubblicamente che fra un paio d'anni rischiamo di emulare il crack Argentino.
Ci stiamo riferendo all'idea di depredare la risorsa aurifera per sanare debiti che il buon Segretario Cesa pensa di aumentare, aumentando lo stipendio dei Parlamentari per evitare che con "soli" 15.000 euro mensili, sentendosi soli e lontano dalle loro case (hanno l'aereo gratis per raggiungerle quando vogliono) debbano pagare una prostituta per allietare le loro notti Romane.
Ci stiamo riferendo alla richiesta di oltre 100 milioni di Euro avanzata ad un cittadino britannico (Valentino Rossi), reo di avere "mantenuto un solido legame di natura sociale e familiare " verso l'Italia.
Visto così, tutti i cittadini italiani residenti all'estero, sarebbero colpevoli di quanto sopra.
Rimane inteso che possano esserci altri motivi a noi sconosciuti per doversi comportare così, ma .... forse sarebbe il caso che il Consiglio di Amministrazione dell'Azienda Italia, valuti, e anche in fretta, di sostituire lo staff manageriale.
L'India si sta aprendo ai Business Mondiali
Paradisi Fiscali. Una strada per tutti
Nell BVI hanno sede quasi 700.000 aziende, a Panama circa 400.000, e cosi in cascata passando anche per Stati Uniti, Regno Unito e altri del G8. Raymond Baker, direttore del Center for international policy di Washington ha spiegato che "la finanza mondiale, i paradisi fiscali, il segreto bancario, le filiali trustee o nominate, le fondazioni, le innumerevoli nicchie fiscali, hanno installato dei circuiti planetari immensamente favorevoli..".
Un sistema che ha fatto ammettere al senatore USA, Carl Levin, che al fisco americano, sfuggono ogni anno verso i paradisi fiscali oltre 100 miliardi di dollari di imposte.
Un grande errore sarebbe pensare che utilizzino i paradisi fiscali solo i criminali.
Finanzieri, eredi di fortune, professionisti del diritto e del denaro, multinazionali li utilizzano per abbassare le proprie imposte e sfuggire a norme societarie che spesso limitano il fare impresa.
Tutte tesi accreditate da Christian Chavagneux, redattore capo del mensile finanziario 'Alternatives économiques' e Ronen Palan, professore di politica economica della University of Sussex, autorevoli specialisti del sistema finanziario internazionale, 'Les paradis fiscaux', La Découverte, Paris, 2007.
Una recente ricerca afferma: "I paradisi fiscali rappresentano, a metà del 2006, quasi la metà delle attività internazionali delle banche". "Circa un terzo degli investimenti all'estero delle multinazionali hanno come destinazione i paradisi fiscali". "Dal 40% al 50% dei capitali in circolazione nel mondo passano per questi luoghi".
Berlusconi, ancora guai ...
La Svizzera invierà alla Procura della Repubblica Italiana nuove documentazioni bancarie riguardo l'inchiesta su Silvio Berlusconi e la Fininvest.
Il Tribunale elvetico ha respinto i ricorsi sulla consegna di questi elementi al Tribunale Italiano.
Per Silvio Berlusconi, proprietario di un impero economico, la giustizia potrà dunque proseguire il suo corso.
Da oltre dieci anni, la Procura Italiana indaga sull'impero mediatico di Silvio Berlusconi.
La parte principale dell'inchiesta riguarda l'acquisto da parte di Mediaset dei diritti di diffusione di pellicole americane negli anni Novanta ( 1994 e 1995), attraverso società "off-shore" situate in paradisi fiscali ed utilizzate come intermediarie.
Secondo indagini svolte dalla GdF, i diritti cinematografici, venduti dalle case cinematografiche americane attraverso un complesso giro, sarebbero stati acquistati dalle due società off-shore e rivendute a Fininvest ad un prezzo maggiorato di 171 milioni di dollari costruendo così fondi neri per almeno 170 miliardi.
E se uno straniero vuole investire in Italia ?
Come? Agevolandoli ?
Ma figuriamoci, il nostro Governo li terrorizza lanciando anatemi nello stile delle peggiori sette religiose.
Ma immaginiamo invece il signor Smith ed il signor Brown che, in un insano momento di pazzia, credano che aprire un'azienda in Italia sia un buon sistema per ampliare il loro Business internazionale.
Eccoli iniziare nel fare richiesta all’ambasciata d’Italia nel loro paese di un visto di ingresso per motivi di affari, che ha durata massima di novanta giorni.
Scoprono che per ottenerlo, devono produrre documenti che dimostrino anche di disporre di adeguati mezzi economici per affrontare il viaggio.
E fino a qui tutto bene e logico.
Il primo grosso dubbio verso il Bel Paese iniziano ad averlo quando non vengono fornite loro certezze sul rilascio e sui tempi di questo fantomatico visto.
Ecco il loro primo pensiero: "E se decidessimo di entrare in Europa da altre strade, come la Germania, tralasciando l'Italia ?"
Speriamo che non succeda, diciamo tutti, infatti così il signor Rossi perde i loro investimenti e anche altre opportunità, diventando ogni giorno un po’ più povero.
Passano i mesi ma finalmente, grazie alla loro tenacia e forza di volontà i due signori riescono ad entrare in Italia. Il sig.Rossi tira un respiro di sollievo.
Iniziamo, dicono, e cosa trovano ?
- Servizi Web esistenti solo sulla carta ma non relamente operativi.
- Sportelli con impiegati pubblici non adeguatamente formati a problematiche specifiche.
- Nessuno sa parlare almeno l'inglese.
- Tutta la modulistica è cartacea e non elettronica. E' solo in Italiano (ma non era per stranieri?).
Nella loro disperazione trovano come per magia il sito internet www.portaleimmigrazione.it realizzato dalle Poste con il ministero dell’Interno.
Credono di aver trovato una via d'uscita, ma "sorpresa" anche questo è solo in italiano, infatti il link con l'inglese non funziona.
Vanno su Google, digitano "working in italy" e cosa appare ?
Un un link al sito inglese www.workingintheuk.gov.uk dove vi sono tutte le informazioni su come un extra europeo possa aprire la propria attività in Europa.
Ok, mi dispiace sig.Rossi, verrò a trovarti per le mie prossime vacanze, anche se mi hanno detto che la Spagna ...
TV italiana scomunicata dalla UE
Ancora una scomunica ufficiale delle autorità europee.
La UE ha preso provvedimenti verso l'Italia in quanto non digerisce le normative discriminatorie e controproducenti per il mercato televisivo che dovrebbe apprestarsi a transitare al digitale.
Il commissario per la Concorrenza Neelie Kroes, ha ottenuto dalla Commissione Europea che venisse dato all'Italia un ultimatum di due mesi.
In questo tempo, che il Belpaese ha per risolvere i problemi di mercato e il caos delle frequenze rilevati da Bruxelles.
Se ciò non avverrà entro i tempi stabiliti, la Commissione deferirà l'Italia alla Corte di Giustizia europea, aprendo un altro contenzioso, che si sommerebbe ad una lunga lista di procedimenti, in vari settori, già aperti con l'Italia.
Neelie Kroes dice: "La situazione che conosce attualmente la televisione analogica, in cui solo alcuni operatori possono essere in concorrenza sul mercato dei servizi di radiodiffusione, rischia di riprodursi con la televisione digitale terrestre, il che lascerebbe i consumatori italiani di fronte a una scelta limitata".
Bruxelles usa termini molto duri: "Se l'Italia non prenderà le misure necessarie a conformarsi al parere motivato entro due mesi dal suo ricevimento, la Commissione potrà decidere di portare l'Italia di fronte alla Corte di Giustizia europea".
Che dire... ancora un bel motivo per farci riflettere su come e quali provvedimenti bisognerebbe adottare.
Il “Bel Paese” che non decolla
Ci troviamo di fronte ad una sorte di “piccola crisi all’italiana”, dove il nostro paese non riesce a correre come gli altri.
L’origine di questi fatti va ricercata sia in ambito economico sia in ambito politico.
Il nuovo Governo ha dovuto far fronte ad una situazione finanziaria pubblica disastrosa, varando così una politica fiscale molto restrittiva nei confronti della popolazione stessa; il che non ha sicuramente giovato ad una crescita “gioiosa”, di una nuova economia.
Questo è un momento importante per il sistema economico mondiale, la crescita registrata risulta essere superiore al 4% l’anno.
E’ il momento giusto per premere sull’acceleratore e avanzare più spediti. Ma cosa sta frenando questa corsa dell’Italia?
Si cresce appena quel tanto che basta per rimanere un minimo in attività, cercando di non perdere quel gancio con il resto d’Europa che corre sul serio.
Gli errori del passato occupano il primo posto in questa triste classifica; primo fra tutti una finanza pubblica dissestata; al secondo posto la questione politica così complessa, poco organizzata e dedita soprattutto a ruberie di ogni genere.
Mi trovo di fronte ad una maggioranza statica, non interessata a scelte che diano serie prospettive per un futuro a medio e lungo termine sulla crescita dell’Italia.
Il classico pensiero italiano quello di coltivare il piccolo orticello di casa nostra raccogliendo domani qualche piccolo frutto… e dopodomani e nei giorni a venire di cosa ci si sfamerà se non si sono create le condizioni giuste perché questo orto possa dare ancora frutti magari più grandi e belli?
Ho l’impressione che l’attuale economia italiana si comporti al pari di questo orticello, aspettando giorni migliori.
Questo zaino di situazioni difficili, di vista corta e mancanza di ambizioni che ormai da troppi anni l’Italia si porta appresso non l’aiuterà in un futuro confronto con i nostri vicini europei e con il resto del mondo.
Addio Svizzera
Secondo l'Economist la Svizzera continua a perdere terreno e i quattro cantoni svizzeri saranno costretti, con il 1 gennaio 2008, ad armonizzare la propria tassazione al resto d'Europa sebbene venga comunque assicurata la riservatezza elvetica sugli spostamenti di capitale.
Conti in Svizzera
Studi di Settore
In pratica non si fa altro che ribadire, ancora una volta, che la non congruità è sufficiente come prova di presunta evasione fiscale generando quindi l'inizio di un procedimento di accertamento.