venerdì 17 agosto 2007

Nessuna direttiva sui Business Trust

La circolare 48/E delle Entrate (si veda «Il Sole-24 Ore del 7 agosto) non esamina il pur frequente caso del «business trust», istituito cioè per esigenze «commerciali» del disponente. Ad esempio, il trust per gestire un patto parasociale o il trust for sale che ha il fine di vendere i beni del debitore (di solito un imprenditore) e ripartire il ricavato tra i suoi creditori (si veda, da ultimo, il caso analizzato dal giudice delle esecuzioni del Tribunale di Reggio Emilia, su «Il Sole-24 Ore» del 17 maggio).
I business trust non sono trust «con beneficiari» (fixed o discrezionali) né trust di scopo (cioè senza beneficiari, determinati o determinabili, come il trust caritatevole).
Il trust for sale non va confuso con il trust di garanzia (che la circolare classifica come trust «di scopo»). Il trust di garanzia è «di scopo» perché non ha beneficiari, in quanto devolve i beni al trustee affinché egli svolga la funzione che tradizionalmente svolge l'iscrizione ipotecaria (classico il caso del trust istituito per garantire l'emissione obbligazionaria).
Il trust for sale e quello eretto per garantire l'attuazione di un patto parasociale sono invece dei mandati che hanno come beneficiario colui o coloro che ne sono i disponenti; quindi non un trust senza beneficiari né un trust con beneficiari terzi rispetto al disponente.
La circolare 48/E, dunque, si occupa dei trust di scopo (disponendone la tassazione con aliquota dell'8%) e dei trust fixed (disponendo di applicare aliquota ed eventuale franchigia proprie del rapporto tra disponente e beneficiario), ma non della tassazione dei business trust né della tassazione dei trust discrezionali. Né parla dei business trust, probabilmente per la loro sostanziale natura di mandato conferito nell'interesse del mandante.
Pertanto, sia in base a quest'ultima considerazione, sia in base alla tesi, espressa in circolare, secondo cui la tassazione va misurata sul rapporto di parentela o affinità eventualmente sussistente tra settlor e beneficiario, dovrebbe conseguireche l'atto istitutivo del vincolo di destinazione va sottoposto al prelievo in misura fissa, trattandosi di una figura di trust ove il beneficiario è lo stesso disponente.
Infatti,da un lato,non vi è tecnicamente un'aliquota disponibile per questo caso (sarebbe paradossale applicare l'aliquota degli «altri soggetti»sul livello massimo dell' 8%).
D'altro lato, più in generale, in capo al trustee non si manifesta alcuna capacità contributiva in quanto l'intestazione dei beni a suo nome è lo strumento tecnico di un portage attraverso il quale si realizza lo scopo che con l'istituzione del trust è perseguito.
Quanto all'imposta ipotecaria e catastale, la circolare è drastica nel ritenere l'applicabilità in misura proporzionale a qualsiasi trasferimento di diritti immobiliari (quindi nel trasferimento sia da disponente a trustee sia tra trustee e beneficiario) per la ragione che si tratterebbe di imposte dovute per effettuare le formalità nei Registri immobiliari e nella banca dati catastale.
Si potrebbe tuttavia obiettare che:
- ogni qualvolta non c'è un trasferimento (come accade nel trust autodichiarato in cui i beni rimangono di titolarità del disponente che se ne dichiara trustee) si potrebbe ritenere non applicabile l'imposta proporzionale;
- se il trust, come dice la circolare, è «espressione di un unico disegno volto a consentire l'attuazione dello scopo» indicato dal disponente ed è un vincolo di destinazione «fin dall'origine» istituito «a favore del beneficiario», allora appare eccessivo tassare entrambi i passaggi, pur dovendo movimentare due volte i pubblici registri;
- se il trust è in sostanza un mandato,
come nei business trust, non dovrebbe esserci ragione per applicare un'aliquota proporzionale, che è propria di un'attività giuridica di natura effettivamente traslativa.

Nessun commento: